COMMENTO DALLA FACULTY
Il beneficio dell’aggiunta di un anticorpo monoclonale anti-CD38 alla terapia “standard of care” nei pazienti affetti da mieloma multiplo (MM) di nuova diagnosi e candidabili a trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche è stato già dimostrato dallo studio di fase 3 CASSIOPEIA (Bortezomib, thalidomide, and dexamethasone with or without daratumumab before and after autologous stem-cell transplantation for newly diagnosed multiple myeloma (CASSIOPEIA): a randomised, open-label, phase 3 study. Moreau P, et al. Lancet. 2019), che ha valutato l’associazione di daratumumab alla tripletta bortezomib-talidomide-desametasone (VTD), nonche’ dallo studio di fase 2 GRIFFIN (Daratumumab, Lenalidomide, Bortezomib, & Dexamethasone for Transplant-eligible Newly Diagnosed Multiple Myeloma: GRIFFIN. Voorhees P. et al. Blood.2020), nel quale il daratumumab è stato aggiunto alla combinazione di bortezomib-lenalidomide-desametasone (VRD). Lo studio GMMG-HD7 è invece il primo trial di fase 3 a valutare l’efficacia dell’associazione di un altro anticorpo monoclonale anti-CD38, isatuximab, alla tripletta VRD.
Nello specifico, il trial consta di 2 parti: nella prima, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati (Addition of isatuximab to lenalidomide, bortezomib, and dexamethasone as induction therapy for newly diagnosed, transplantation-eligible patients with multiple myeloma (GMMG-HD7): part 1 of an open-label, multicentre, randomised, active-controlled, phase 3 trial. Goldschmidt H. et a. Lancet Haematol. 2022) e qui riportati, l’endpoint primario era rappresentato dalla valutazione del tasso di negatività di malattia residua minima (MRD), dopo terapia di induzione, indipendentemente dal tipo di risposta (secondo IMWG).
Si tratta di uno studio multicentrico, in aperto, che ha arruolato complessivamente 660 pazienti affetti da MM di nuova diagnosi e candidabili a trapianto autologo, di cui 331 (età mediana 59 anni) randomizzati nel braccio isatuximab + VRD e 329 (età mediana 60 anni) nel braccio di controllo (VRD).
In entrambi i bracci, i pazienti hanno ricevuto bortezomib (1.3 mg/mq sc nei giorni 1, 4, 8, 11, 22,25,29 e 32), lenalidomide (25 mg nei giorni 1-14 e 22-35) e desametasone (20 mg per os nei giorni 1-2, 4-5, 8-9, 11-12, 15, 22-23), per 3 cicli della durata complessiva di 42 giorni ciascuno; nel braccio sperimentale isatuximab, anticorpo monoclonale IgG in grado di legarsi ad un diverso epitopo dell’antigene CD38 rispetto a daratumumab, era somministrato per via endovenosa al dosaggio di 10 mg/Kg nei giorni 1, 8,15, 22, 29 del primo ciclo e nei giorni 1, 15, 29 dei restanti due cicli. La valutazione della risposta alla terapia di induzione è stata effettuata mediante valutazione citofluorimetrica multiparametrica (sensibilità 10-5) su sangue midollare, entro 7 giorni dalla conclusione del terzo ciclo di terapia. Il tasso di negatività della MRD, dopo induzione, è stato del 50% nel braccio isatuximab e del 36% nel braccio controllo (p value=0.00017). Tale vantaggio, non è stato tuttavia osservato, nell’analisi per sottogruppi, nei soggetti con età maggiore a 60 anni, WHO score >1, compromissione renale, alto rischio citogenetico, stadio III – ISS, stadio I e III R-ISS (probabilmente, nell’interpretazione degli Autori, per un numero troppo basso di pazienti compresi in tali categorie).
In ogni caso, all’analisi multivariata, l’alto rischio citogenetico e l’aggiunta di isatuximab sono risultati gli unici fattori associati ai tassi più alti di MRD-negatività. Ad una post-hoc analysis esplorativa la percentuale dei pazienti che ha ottenuto una risposta superiore o uguale a VGPR è risultata maggiore nel braccio sperimentale rispetto al braccio controllo (77% vs 61%; p value < 0.0001), seppur i tassi di CR nei due gruppi siano risultati sovrapponibili (24% vs 22%; p value= 0.58).
La spiegazione di questo dato che gli stessi Autori forniscono, per interpretarlo alla luce dei risultati della MRD-negatività, potrebbe risiedere nel fatto che la clearance della proteina monoclonale nel sangue periferico possa essere più lenta rispetto alla riduzione del “burden” di malattia a livello midollare. In termini di safety, almeno un evento avverso di grado 3 o 4 è stato riportato nel 63% dei pazienti del braccio isatuximab e nel 61% dei pazienti del braccio controllo. I decessi registrati nel trial durante e dopo terapia di induzione sono stati complessivamente 12, quattro nel braccio sperimentale ed otto nel braccio controllo. Reazioni infusionali di grado 3/4 nel braccio isatuximab sono state rare (1%); il 5% dei pazienti non ha completato il programma terapeutico di induzione nel braccio sperimentale e 11% nel braccio controllo.
In entrambi i bracci, il trattamento non ha impattato sfavorevolmente sulla mobilizzazione delle cellule staminali e l’aferesi è andata a buon fine nel 99% dei casi. La MRD è un parametro “oggettivo”, che correla con i dati di PFS ed OS, e la metodica è ormai sufficientemente standardizzata e riproducibile in molti laboratori.
Interessante sarà valutare il tipo di risposta ed i tassi di MRD-negatività dopo ASCT, attualmente non ancora disponibili (parte 2 del trial) e la necessità di un’eventuale terapia di consolidamento, dopo un’induzione più lunga del solito come in questo schema. Seppur con molti limiti, effettuando un confronto in termini di raggiungimento di MRD-negatività tra le quadruplette Dara-VTD (CASSIOPEIA), Dara-VRD (GRIFFIN) ed Isa-VRD (GMMG-HD7), si evince che tale obiettivo è stato raggiunto dal 50% dei pazienti dopo terapia di induzione (braccio Isa-VRD) nello studio GMMG-HD7, dal 21.2% dei pazienti dopo terapia di induzione (braccio Dara-VRD) nello studio GRIFFIN e dal 64% dei pazienti, ma dopo ASCT e terapia di consolidamento (non disponibile il dato dopo terapia di induzione) nello studio CASSIOPEIA (braccio Dara-VTD).
GMMG-HD7 è dunque il primo studio randomizzato di fase 3 a riportare un significativo e promettente beneficio, in termini di ottenimento di un possibile marker surrogato precoce di efficacia clinica come la negativita’ della MRD, dell’aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-CD38, isatuximab, alla tripletta VRD nel setting di pazienti con MM di nuova diagnosi e candidabili a trapianto, senza significativa tossicità addizionale e senza compromettere la raccolta di cellule staminali. Tali evidenze, associate ai risultati provenienti dai trials CASSIOPEIA e GRIFFIN e in attesa di dati maturi derivanti da altri due studi randomizzati condotti nella stessa tipologia di pazienti (EMN 17-Perseus, Dara-VRD vs VRD; EMN24-ISKIA, Dara-KRD vs KRD, dove K sta per carfilzomib), al momento confermano le quadruplette includenti un anticorpo monoclonale anti-CD38, bortezomib, un IMID e desametasone come l’attuale “standard of care” per pazienti con nuova diagnosi di MM e candidabili a trapianto.