COMMENTO DALLA FACULTY
Il Mieloma Multiplo (MM) è sicuramente una delle neoplasie ematologiche in cui l’introduzione di nuovi farmaci e le recenti acquisizioni biologiche hanno permesso migliorare la prognosi della malattia e prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Tuttavia, frequentemente, la malattia recidiva e la scelta del trattamento da praticare, deve tener conto di una serie di fattori: le caratteristiche della malattia recidivata/refrattaria (RR), le comorbidità del paziente e le terapie precedentemente effettuate. Quest’ultimo punto è cruciale nella scelta terapeutica alla recidiva perchè spesso i pazienti sono già stati trattati con schemi contenenti bortezomib e/o lenalidomide ed hanno sviluppato resistenza a questi farmaci. La superiorità di carfilzomib, inibitore del proteosoma di seconda generazione, rispetto a bortezomib è stata dimostrata nello studio randomizzato di fase 3, ENDEAVOR (Dimopoulos MA et al. Carfilzomib and dexamethasone versus bortezomib and dexamethasone for patients with relapsed or refractory multiple myeloma (ENDEAVOR): a randomised, phase 3, open-label, multicentre study. Lancet Oncol. 2016) mentre l’aggiunta di daratumumab a bortezomib e desametasone, nello studio di fase 3 CASTOR, ha dimostrato di migliorare sia progression-free survival (PFS) che overall response rate (ORR) rispetto al braccio bortezomib-desametasone (Spencer A et al. Daratumumab plus bortezomib and dexamethasone versus bortezomib and dexamethasone in relapsed or refractory multiple myeloma: updated analysis of CASTOR. Haematologica. 2018). Di qui il razionale di valutare l’associazione di carfilzomib, daratumumab e desametasone in pazienti con MM-RR. Questa tripletta, ha già mostrato la sua efficacia (ORR= 84%; CRR= 33%) e tollerabilità nel setting del paziente con MM-RR nello studio di fase I, non randomizzato, MMY1001 (Chari A et al., Daratumumab plus carfilzomib and dexamethasone in patients with relapsed or refractory multiple myeloma. Blood. 2019); tali risultati sono stati confermati nello studio multicentrico di fase III, CANDOR, che ha reclutato 466 pazienti affetti da MM-RR, randomizzati con rapporto 2:1 a ricevere carfilzomib, desametasone e daratumumab (KdD; 312 pazienti) o carfilzomib e desametasone (Kd; 154 pazienti).
Dei 466 pazienti, il 42% aveva già ricevuto lenalidomide (33% ne risultava refrattario) ed il 90% aveva già ricevuto bortezomib (29% ne risultava refrattario). Dopo un follow-up mediano di circa 17 mesi l’ ORR è stato superiore nel braccio KdD rispetto al gruppo Kd (84% vs 75%; p=0.0080), con un tasso di risposte complete e di negatività per malattia minima residua del 29% vs 10% e del 14% vs 3%, rispettivamente. Nel gruppo KdD la PFS mediana non è stata raggiunta, mentre nel gruppo Kd è stata pari a 15,8 mesi con hazard ratio (HR)=0,63 (95% CI 0,46–0,85; p=0,0027); il KdD sarebbe quindi in grado di ridurre del 37% il rischio di progressione o morte, rispetto al Kd. Il vantaggio in termini di PFS è stato inoltre confermato, nell’analisi per sottogruppi, nei pazienti precedentemente trattati con inibitori del proteosoma, incluso bortezomib, o esposti e/o refrattari a lenalidomide. Sul fronte della safety, l’aggiunta di daratumumab (KdD) è risultata associata ad un maggior numero di eventi avversi (EA) di grado > 3 rispetto al gruppo Kd (82% vs il 74%); tuttavia, il tasso di interruzione del trattamento a causa di EA è risultato simile nei due bracci (KdD: 69 [22%]; Kd: 38 [25%]).
Concludendo, l’associazione dell’ inibitore del proteosoma di seconda generazione, carfilzomib, con desametasone e l’anticorpo monoclonale anti-CD38, daratumumab, ha mostrato un profilo rischio-beneficio favorevole, pertanto si candida a diventare lo “standard of care” nei pazienti con MM-RR già trattati con bortezomib e lenalidomide.