COMMENTO DALLA FACULTY
L’utilizzo del melfalan ad alte dosi (200 mg/m2), seguito dalla trapianto di cellule staminali autologhe (ASCT, e l’utilizzo della lenalidomide come farmaco di mantenimento post trapianto, rappresentano due cardini del trattamento del paziente affetto da mieloma multiplo (MM) di nuova diagnosi candidabile a trapianto. Diversi studi hanno in passato comparato strategie di
trattamento dei pazienti di nuova diagnosi basate sull’utilizzo di nuovi farmaci, immunomodulanti e inibitori del proteasoma, con e senza trapianto. I risultati di tali studi hanno sempre dimostrato un vantaggio, in termini di progression-free survival (PFS), e negli studi più vecchi anche di overall
survival (OS), a favore delle strategie che incorporavano nuovi farmaci e melfalan ad alte dosi.
Nello studio Italiano randomizzato di fase II FORTE, sono stati arruolati 477 pazienti affetti da MM di nuova diagnosi. Ad una prima randomizzazione i pazienti sono stati assegnati a tre differenti strategie di induzione/intensificazione/consolidamento: 4 cicli di induzione e consolidamento con arfilzomib, lenalidomide e desametasone (KRd-ASCT) o carfilzomib, ciclofosfamide e desametasone (KCd-ASCT) in associazione a trapianto autologo o 12 cicli di KRd senza trapianto (KRd12). Al termine della fase di consolidamento i pazienti venivano randomizzati a ricevere
lenalidomide (R) di mantenimento fino a progressione o lenalidomide fino a progressione in associazione a carfilzomib per un massimo di due anni (KR). Obiettivi principali dello studio erano il confronto dei tassi di “at least VGPR” tra i pazienti trattati con KRd o KCd di induzione e il confronto, in termini di PFS, tra R e KR di mantenimento.
Lo studio ha dimostrato in primis come l’utilizzo di KRd come induzione aumenti i tassi di “at least VGPR” rispetto a KCd (70% vs 53%; OR 2.14). Al termine della fase di consolidamento i pazienti trattati nei due bracci KRd, con o senza trapianto, hanno mostrato un maggior tasso di remissioni complete stringenti (sCR, 46% vs 44% vs 32%) e di malattia minima residua negativa (MRD, 62% vs 56% vs 42%) rispetto ai pazienti del braccio KCd-ASCT. La combinazione di KRd e trapianto autologo (KRd-ASCT) tuttavia ha prodotto maggiori tassi di MRD negatività sostenuta a 12 mesi rispetto all’utilizzo di KRd12 senza trapianto o KCd-ASCT (57% vs 35% vs 25%).
KRd-ASCT ha poi ridotto il rischio di progressione o morte rispetto a KRd12 (HR: 0.61) e KCd-ASCT (HR: 0.54), con una PFS a 4 anni del 69%, 56% e 51% nei bracci KRd-ASCT, KRd12 e KCd-ASCT.
Durante la fase di induzione e consolidamento le principali tossicità ematologiche di grado 3-4 osservate nei pazienti trattati con KRd o KCd sono state la neutropenia (13% vs 10%), gli eventi avversi dermatologici (6% vs 8%) e la tossicità epatica (8% vs 8%), tossicità bilanciate nelle due tipologie di trattamento.
356 pazienti hanno concluso la fase di consolidamento e sono stati randomizzati a ricevere KR o R di mantenimento. L’aggiunta di carfilzomib a lenalidomide ha incrementato il tasso di pazienti che hanno convertito lo status della MRD da positivo a negativo durante la fase di mantenimento (46% vs 30%) e ha prolungato la PFS (76% vs 65%; HR: 0.64) rispetto al solo utilizzo di lenalidomide.
Inoltre, l’aggiunta di un secondo farmaco alla lenalidomide non ha incrementato la neutropenia (20% vs 23%) o le infezioni di grado 3-4 (5% vs 7%) rispetto al solo utilizzo di lenalidomide, mentre, come atteso, è risultato più alto il tasso di pazienti con eventi vascolari di grado 3-4 nel braccio KR (7% vs 1%).
I risultati di questo studio dimostrano ancora una volta il ruolo centrale del trapianto autologo nel trattamento di I linea del paziente giovane e candidabile a chemioterapia ad alte dosi, nonostante il confronto con un regime altamente efficace come KRd. Per la prima volta inoltre viene dimostrata la superiorità, in termini di PFS per il momento, di un mantenimento a 2 farmaci,
carfilzomib e lenalidomide, rispetto all’attuale standard of care lenalidomide.