COMMENTO DALLA FACULTY
L’amiloidosi a catene leggere (AL) è una patologia sistemica rara caratterizzata dall’accumulo di una sostanza proteica definita “amiloide” a carico di vari tessuti ed organi vitali causandone il progressivo deterioramento. Tali depositi si formano a partire dall’aggregazione di catene leggere immunoglobuliniche prodotte da plasmacellule clonali CD38+. Ne consegue che i regimi terapeutici utilizzati per l’amiloidosi AL siano “myeloma-based”, diretti a colpire le plasmacellule patologiche; tra questi, lo schema più comunemente utilizzato prevede la combinazione di bortezomib, ciclofosfamide e desametasone (VCD o CyBorD), seguito da trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche nel paziente candidabile a tale procedura per età e/o assenza di significative comorbidità.
La documentata efficacia del daratumumab, anticorpo monoclonale anti-CD38, nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi e recidivato/refrattario (R/R) ha fornito le premesse per valutarne i benefici anche nei pazienti affetti da amiloidosi AL. Risultati promettenti in termini di risposta ematologica e miglioramento della funzione d’organo sono stati riportati in pazienti con amiloidosi AL R/R, trattati con daratumumab in monoterapia (Roussel M et al. A prospective phase 2 trial of daratumumab in patients with previously treated systemic light-chain amyloidosis. Blood. 2020 Apr 30;135(18):1531-1540 – Sanchorawala V et al. Safety, tolerability, and response rates of daratumumab in relapsed AL amyloidosis: results of a phase 2 study. Blood. 2020 Apr 30;135(18):1541-1547).
Lo studio ANDROMEDA è uno di fase 3, in aperto, condotto su 388 pazienti affetti da amiloidosi AL di nuova diagnosi, randomizzati a ricevere daratumumab sottocute in combinazione con VCD (gruppo daratumumab) rispetto al solo VCD (gruppo controllo).
L’end-point primario dello studio è stato il tasso complessivo di risposta ematologica completa; gli end-points secondari comprendevano tra gli altri: la sopravvivenza libera da progressione ematologica o eventi di danno d’organo, il tasso di risposta d’organo, la sopravvivenza globale, il tasso di risposta ematologica completa a 6 mesi, la durata della risposta ematologica completa ed il tempo per raggiungerla.
L’età mediana dei pazienti arruolati è stata pari a 64 anni (range; 34-87) ed il tempo mediano trascorso tra diagnosi ed inizio trattamento è stato di 43 giorni (range: 5-1611).
Un coinvolgimento cardiaco e renale è stato riportato rispettivamente nel 71.4% e 59.0% dei pazienti arruolati.
Lo schema VCD prevedeva una somministrazione settimanale di bortezomib sc (1.3 mg/mq), ciclofosfamide orale o ev (300 mg/mq) e desametasone orale o ev (40 mg; 20 mg per pazienti di età maggiore a 70 anni), per un ciclo della durata complessiva di 28 giorni; il daratumumab, nel braccio sperimentale, era somministrato per via sottocutanea al dosaggio standard di 1800 mg.
188 pazienti hanno ricevuto 6 cicli di VCD (gruppo controllo); 193 pazienti hanno ricevuto 6 cicli di VCD + daratumumab sc, seguiti dalla somministrazione del solo anticorpo ogni 4 settimane, per un totale di 24 cicli, dall’inizio dello studio (gruppo daratumumab). La durata mediana del trattamento è stata di 9.6 mesi nel braccio-daratumumab e 5.3 mesi nel braccio-controllo.
Dopo un follow-up mediano di 11.4 mesi, la percentuale di pazienti che a 6 mesi ha ottenuto una risposta ematologica completa è risultata significativamente più alta nel braccio-daratumumab rispetto al braccio controllo (53.3% vs 18.1%, p<0.001) e tale beneficio clinico è stato rilevato anche in sottogruppi specifici, come pazienti di età superiore ai 65 anni, pazienti con t(11;14) e pazienti con stadio cardiaco III (secondo le revisioni europee dei criteri Mayo Clinic. Palladini, Blood 2016).
Il tempo mediano per il raggiungimento della risposta ematologica completa è stato di 60 e 85 giorni rispettivamente per il gruppo daratumumab ed il gruppo controllo.
Quando valutabili, nel braccio D-VCD i tassi di risposta cardiaca e renale sono risultati quasi doppi rispetto al braccio VCD (risposta cardiaca: 41.5% vs 22.2%; risposta renale: 53.0% vs 23.9%).
Inoltre l’aggiunta di daratumumab al VCD ha determinato una riduzione del rischio di deterioramento d’organo, progressione ematologica o morte del 42%, rispetto al solo VCD (hazard ratio: 0.58; intervallo di confidenza al 95 per cento: 0.36-0.93; P=0.02).
In termini di safety, gli eventi avversi più comuni di grado 3/4 sono stati nei due bracci, in ordine di frequenza: linfopenia, polmonite, scompenso cardiaco e diarrea. In entrambi i gruppi, i decessi descritti (27 nel gruppo daratumumab e 29 nel gruppo controllo) sono stati primariamente attribuiti alla cardiomiopatia correlata all’amiloidosi AL, e riportati sia come evento avverso sia come progressione della malattia d’organo.
In conclusione, l’aggiunta di daratumumab al regime terapeutico standard VCD nei pazienti affetti da Amiloidosi AL è risultata associata significativamente ad una più alta frequenza di risposta ematologica completa rispetto allo “standard of care” attuale, senza significativa tossicità addizionale, con un miglioramento della sopravvivenza da progressione di danno d’organo e da progressione ematologica. Per la prima volta, inoltre, in pazienti affetti da amiloidosi AL, il daratumumab è stato somministrato per via sottocutanea consentendo di ridurre il rischio di sovraccarico di liquidi in questo particolare setting di pazienti spesso gravati da un’alterata funzionalità cardiaca e renale. Tali benefici candidano lo schema Dara-VCD a diventare uno standard terapeutico negli schemi terapeutici specifici per l’amiloidosi AL.