COMMENTO DALLA FACULTY
Un anticorpo coniugato (ADC), due prodotti chimeric antigen receptor T-cell (CAR T) e, da poche settimane, un anticorpo bispecifico. Sono ben quatto i farmaci, appartenenti a 3 classi differenti, diretti contro lo stesso target, il B cell maturation antigen (BCMA), approvati sia dalla Food and Drug Administration (FDA) che dalla European Medicine Agency (EMA). Dopo gli immunomodulanti (IMiD), gli inibitori del proteasoma (PI) e gli anticorpi monoclonali anti-CD38, ecco quindi il quarto pilastro per il trattamento dei pazienti affetti da mieloma multiplo. Lo sviluppo dei farmaci anti-BCMA è ancora soltanto all’inizio, e molti sono i quesiti riguardanti una moltitudine di aspetti, dal loro corretto utilizzo in base ai meccanismi di azione, alla personalizzazione del trattamento sulla base dei profili dei pazienti e della malattia, fino al loro utilizzo in sequenza sfruttandone i diversi meccanismi d’azione. Parallelamente però si pone il problema del trattamento di salvataggio di quei pazienti che ricadono dopo esser stati trattati con un agente diretto contro BCMA. In attesa che i dati sul ri-trattamento o sull’utilizzo di farmaci diretti contro lo stesso target (BCMA) ma con diverso meccanismo d’azione, vengano generati, sono stati pubblicati i primi dati relativi ad una CAR T diretta contro un target alternativo a BCMA, ossia il G protein–coupled receptor, class C, group 5, member D (GPRC5D), un recettore espresso sulle cellule di mieloma, sulle plasmacellule midollari e sui tessuti altamente cheratinizzati.
Il gruppo del Memorial Sloan Kettering (NY, USA), ha riportato sul New England Journal of Medicine i dati relativi allo studio di fase 1, first-in-human, in cui è stato testato il prodotto CAR T MCARH109 diretto contro GPRC5D. MCARH109 è stato testato, a dosi crescenti (da 25 a 450 x 106), in 17 pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato e/o refrattario (RRMM) che avevano in precedenza ricevuto 6 linee di terapia (mediana), tra cui anche un agente diretto contro BCMA (59% dei pazienti), incluse le CAR T-cells (47%). Non sorprende quindi che la quasi totalità dei pazienti che hanno ricevuto MCARH109 (15/16), per i quali non erano disponibili alternative terapeutiche efficaci, non abbia risposto alla terapia “bridging” somministrata tra la linfocitoaferesi e la linfodeplezione che precede l’infusione della CAR T.
L’obbiettivo primario dello studio erano la sicurezza e l’identificazione della massima dose tollerata (MTD) di MCARH109. Come già osservato con idecel e ciltacel, la maggior parte dei pazienti sottoposti ad infusione con CAR T-cells MCARH109 sviluppa la cytokine release syndrome (CRS, 88%), sebbene soltanto in 1 paziente si sia verificata una CRS di grado 4. Nonostante il numero di pazienti analizzati sia limitato, è stato osservato soltanto un caso di tossicità neurologica (ICANS), un caso di grado 4 nello stesso paziente che ha sviluppato la CRS di grado 4 e contestualmente una sindrome di attivazione macrofagica (MAS) di grado 4. A differenza di quanto riportato con idecel e ciltacel però, in 2 pazienti trattati con MCARH109 alla dose di 450 x 106 cellule CAR T è stata osservata la comparsa di sintomi compatibili con una disfunzione cerebellare di grado 3 che, nonostante il trattamento con terapia steroidea, persisteva all’ultimo follow-up. Gli autori hanno ipotizzato che un’espressione a bassa intensità di GPRC5D a livello cerebellare o dei nuclei olivari inferiori possa essere alla base dell’insorgenza di tali sintomi. L’espressione di GPRC5D sui tessuti altamente cheratinizzati è poi responsabile degli effetti “on-target, off tumor”, ossia la perdita ungueale (65%), il rash (18%) e la disgeusia (12%). Tali effetti collaterali però sono risultati di basso grado e si sono risolti nella maggior parte dei pazienti. Sulla base di questi dati di tossicità la MTD di MCARH109 è risultata pari a 1506 CAR T-cells.
Per ciò che riguarda i dati preliminari di efficacia del prodotto CAR T, gli autori hanno riportato un’overall response rate pari al 71%, con 1/3 circa dei pazienti trattati che ha raggiunto la remissione completa, mentre il 47% dei pazienti testati non presentava malattia misurabile a livello midollare (MRD). È importante sottolineare come l’ORR osservata nella popolazione generale dello studio si sia mantenuta tale (70%) anche in pazienti precedentemente esposti ad una terapia anti-BCMA, che nella maggior parte dei casi consisteva in una terapia con CAR T cells, supportando quindi il ri-trattamento mediante la stessa tecnologia ma con target alternativo (BCMA GPRC5D). I dati di efficacia riportati con MCARH109 sono simili a quelli presentati fino ad ora con talquetamab, un anticorpo bispecifico diretto contro GPRC5D, validando così GPRC5D come uno dei nuovi target nel trattamento del MM.
Un altro elemento importante da considerare è il potenziale meccanismo di resistenza a MCARH109, ossia la downregolazione dell’espressione di GPRC5D sulla plasmacellula, aspetto che risulta differente da quanto fino ad ora osservato con CAR T cell anti-BCMA. Gli autori infatti hanno osservato una ridotta o assente espressione di GPRC5D nei 6 pazienti che sono andati incontro a recidiva di malattia.
Per diversi motivi i risultati di questo studio, che dimostrano l’efficacia nell’utilizzo di GPRC5D come target terapeutico nel mieloma, come peraltro già anticipato con talquetamab, rivestono grande importanza. In primis, farmaci diretti contro GPRC5D, tra cui MCARH109, rappresentano un’importante opzione terapeutica per pazienti che hanno fallito una precedente terapia anti-BCMA, incluse le CAR T-cell. In secondo luogo, lo sviluppo di strategie terapeutiche altamente efficaci contro target alternativi a BCMA possono supportare lo sviluppo di strategie atte a colpire la plasmacellula su diversi bersagli sensibili, contemporaneamente o in maniera sequenziale, al fine di contrastare i meccanismi di resistenza della malattia.
È bene però sottolineare che i risultati di questo studio rappresentano un “proof of concept” che andrà consolidato attraverso studi più ampi che permettano, da un lato, di consolidare i dati di efficacia e dall’altro, di meglio comprendere, e possibilmente limitare, le tossicità peculiari osservate con MCARH109, in particolare quella neurologica.