COMMENTO DALLA FACULTY
La combinazione di pomalidomide e desametasone (Pd) rappresenta uno dei pilastri del trattamento dei pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato/refrattario (MMRR) trattati con lenalidomide e inibitori del proteasoma. La doppietta Pd infatti ha dimostrato di essere attiva anche in pazienti refrattari a lenalidomide, popolazione questa sempre più ampia considerate le attuali strategie di trattamento che prevedono la somministrazione di tale immunomodulante sino a progressione, con un overall response rate (ORR) di circa il 30%. Ciononostante, la progression-free survival (PFS) mediana dei pazienti trattati con Pd alla recidiva oscilla tra 4 e 6 mesi, rendendo tale combinazione non soddisfacente per un controllo della malattia a lungo termine.
Al fine di migliorare l’efficacia di tale combinazione, numerosi studi hanno testato diversi farmaci in aggiunta a Pd: ciclofosfamide, inibitori del proteasoma (bortezomib, carfilzomib, ixazomib) e anticorpi monoclonali (elotuzumab, daratumumab e isatuximab). Tutti gli studi che hanno testato una tripletta Pd-based hanno dimostrato come l’aggiunta di un terzo farmaco incrementi il tasso di risposte (50-80%) e la PFS mediana rispetto ai dati riportati dalla doppietta Pd. La quasi totalità di questi studi tuttavia era a braccio-singolo, non permettendo così di un confronto formale con l’attuale standard of care.
Da queste premesse, e dall’evidenza di sinergismo, sia in vitro che in vivo, tra isatuximab, anticorpo monoclonale anti-CD38, e pomalidomide, nasce lo studio di fase 3 ICARIA-MM, pubblicato su Lancet nel 2019, che ha messo a confronto Pd con o senza isatuximab in 307 pazienti affetti da RRMM, la maggior parte dei quali refrattari a lenalidomide (93%). L’aggiunta dell’anticorpo monoclonale isatuximab ha incrementato il tasso di risposte almeno parziali (60% vs. 35%), di risposte profonde (almeno very good partial response, 32% vs 9%) e di malattia minima residua (MRD, 5% vs 0%) rispetto alla doppietta Pd; ciò si è tradotto in un prolungamento statisticamente significativo della PFS nei pazienti trattati con IsaPd rispetto ai pazienti del braccio di controllo Pd (mediana, 11.5 vs 6.5 mesi; HR: 0.687, p=0.001). E’ importante sottolineare come tale beneficio in termini di PFS per il braccio IsaPd si sia osservato anche nei pazienti refrattari a lenalidomide, sottogruppo di pazienti questo che rappresenta un’attuale sfida terapeutica dato che la maggior parte degli studi pubblicati fino ad ora ha mostrato risultati di efficacia consistentemente peggiori rispetto ai pazienti non refrattari a lenalidomide.
I dati di ICARIA-MM si aggiungono a quelli prodotti da altri studi che hanno dimostrato come l’utilizzo di pomalidomide in tripletta risulti più efficace rispetto all’attuale standard of care Pd, ed è sulla base di questi risultati che la tripletta IsaPd è stata approvata da FDA, ed è probabile che diventi uno standard of care anche in Europa.
ICARIA-MM è uno studio fondamentale nella futura definizione delle strategie terapeutiche del paziente con RRMM: se infatti molti studi che hanno portato all’approvazione di combinazioni largamente utilizzate alla recidiva hanno visto la partecipazione di pazienti refrattari a lenalidomide fortemente limitata, se non del tutto esclusa, ICARIA-MM fornisce invece una valida opzione terapeutica per questa popolazione di pazienti, e considerato l’aumento esponenziale negli ultimi anni dei pazienti esposti, e il più delle volte refrattari, alla lenalidomide, dopo le prime due linee di terapia, si può facilmente comprendere l’importanza dei dati di questo studio.
Il favorevole profilo di tossicità osservato nonostante l’aggiunta di un terzo farmaco ed il beneficio in tutte le categorie di pazienti analizzate, permette un largo utilizzo di tale tripletta, nei pazienti high-risk così come quelli più anziani.
Il grosso punto interrogativo, che necessita di una risposta al più presto dato il fiorire di numerose combinazioni terapeutiche basate sull’utilizzo di anticorpi monoclonali anti-CD38, in particolare daratumumab e isatuximab, sarà proprio l’efficacia di tali combinazioni quando usate alla recidiva, ossia in pazienti che saranno quanto meno esposti, se non refrattari, a tali molecole, così come l’efficacia di un anti-CD38 in pazienti già esposti ad un differente anti-CD38.
Generare dati in tal senso permetterà di disegnare percorsi terapeutici che sfruttino al meglio le armi a nostra disposizione.