COMMENTO DALLA FACULTY
La prima parte dello studio randomizzato di fase 3 CASSIOPEIA (Bortezomib, thalidomide, and dexamethasone with or without daratumumab before and after autologous stem-cell transplantation for newly diagnosed multiple myeloma (CASSIOPEIA): a randomised, open-label, phase 3 study. Moreau P. et al. Lancet Oncol. 2019), ha valutato l’associazione di Daratumumab al regime standard VTd (Bortezomib-Thalidomide-desametasone) nei pazienti affetti da Mieloma Multiplo (MM) di nuova diagnosi e candidabili a trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) dimostrando per la prima volta come l’aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-CD38 ad uno “standard of care” permetta di ottenere risposte più profonde (sCR: 29% vs 20%, p-value=0.0010; MRD-: 64% vs 44%, p-value <0.0001) ed un miglioramento della PFS (hazard ratio: 0.47%;p.value<0.0001), con un profilo di tossicità sostanzialmente simile nei due gruppi (D-VTd vs VTd).
La seconda parte dello studio (Maintenance with daratumumab or observation following treatment with bortezomib, thalidomide, and dexamethasone with or without daratumumab and autologous stem-cell transplant in patients with newly diagnosed multiple myeloma (CASSIOPEIA):an open-label, randomised, phase 3 trial. Moreau P. et al. Lancet Oncol. 2021), recentemente pubblicata, ha invece valutato per la prima volta l’utilizzo di daratumumab come terapia di mantenimento nei pazienti affetti da MM dopo ASCT, rispetto alla sola osservazione. Dei 1085 pazienti arruolati nella prima parte dello studio, 886 sono stati arruolati nella seconda parte del trial indipendentemente dalla terapia di induzione e consolidamento (VTd o D-VTd), ma dopo aver ottenuto almeno una risposta parziale dopo induzione, ASCT e consolidamento.
La randomizzazione ha assegnato 444 pazienti alla sola osservazione e 442 pazienti alla terapia di mantenimento con daratumumab al dosaggio di 16 mg/ Kg ogni 8 settimane, fino a progressione, per massimo 2 anni.
Le caratteristiche dei pazienti sono risultate ben bilanciate nei due bracci. Sebbene il tasso di overall response è risultato sovrapponibile nei due gruppi (99% circa), i tassi di CR (73% vs 61%), improved response (62% vs 47%) ed MRD negativity (59% vs 47%), sono risultati più alti, in maniera statisticamente significativa, nel braccio di mantenimento rispetto alla sola osservazione.
In particolare, in post-hoc analisi la terapia di mantenimento con daratumumab ha migliorato i tassi di CR, improved response ed MRD negativity, solo nei pazienti daratumumab-naïve, ossia trattati nella fase di induzione e consolidamento con VTd. Dopo un follow-up mediano di 35.4 mesi i benefici in termini di PFS ottenuti nel braccio di mantenimento con daratumumab rispetto
alla sola osservazione (mPFS: non raggiunta vs 46.7 mesi) sono stati registrati in tutti i sottogruppi analizzati, quali età, sesso, rischio citogenetico, stadio di malattia (secondo ISS) ad eccezione del sottogruppo di pazienti trattati secondo lo schema D-VTd in induzione e consolidamento.
Su quest’ultimo aspetto probabilmente ci si potrà esprimere in futuro dopo un follow-up più lungo ma l’assenza di vantaggio della terapia di mantenimento nei pazienti già trattati con daratumumab, in fase di induzione e consolidamento, induce a riflettere sul suo corretto posizionamento nel percorso terapeutico del paziente affetto da MM. Anche in termini di TTP (time to progression) la terapia di mantenimento con daratumumab risulterebbe superiore alla sola osservazione (mTTP: non raggiunta vs 46.7 mesi).
Per ciò che riguarda il profilo di sicurezza, eventi avversi di grado > 3 sono stati riportati in 122 (28%) e 108 (24%) pazienti rispettivamente nel braccio mantenimento ed osservazione; gli eventi avversi più comuni di grado > 3 sono stati: linfopenia (4% braccio daratumumab; 2% braccio osservazione), ipertensione arteriosa (3% braccio daratumumab; 2% braccio osservazione), neutropenia (2% braccio daratumumab; 2% braccio osservazione). L’incidenza di infezioni (grado 1-4), è risultata pari al 78% e 64% nei bracci daratumumab ed osservazione rispettivamente. Solo il 3% dei pazienti in terapia con daratumumab ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi, dimostrando una buona tollerabilità ed un basso tasso di sospensione. Inoltre, è stato riportato lo sviluppo di secondi tumori maligni nel 5% dei pazienti trattati con daratumumab e nel 3% in quelli in osservazione.
Il paper riporta infine un aggiornamento dei dati della prima parte dello studio: dopo 44.5 mesi di follow-up, la PFS è risultata di 51.5 mesi nei pazienti trattati (induzione, ASCT e consolidamento) con VTd mentre nei pazienti trattati con D-VTd non sarebbe stata ancora raggiunta.
E’ noto che oggi l’unico farmaco approvato per la terapia di mantenimento dei pazienti affetti da MM sottoposti a ASCT sia rappresentato dalla lenalidomide, in grado di migliorare i dati di PFS (Attal M. et al. Blood. 2013; 122 (21):406; Holstein S.A. et al. Lancet Haematol. 2017; 4(9):e431-e442; Cerrato C. et al. J Cancer Res Clin Oncol. 2018; 144(7):1357-1366; McCarthy P.L. et al. JCO. 2017;35(29):3279-3289).
La parte 2 dello studio CASSIOPEIA ha mostrato invece per la prima volta, come l’utilizzo di daratumumab nella fase di mantenimento dopo ASCT, consenta di migliorare i tassi di PFS e di approfondire le risposte rispetto alla sola osservazione. Purtroppo, quando il trial CASSIOPEIA è stato pianificato, la terapia di mantenimento con lenalidomide non era ancora uno “standard of care” e pertanto il confronto tra daratumumab e lenalidomide non è rientrato nelle finalità dello studio. Trials ancora in corso, come GRIFFIN, PERSEUS, AURIGA e DRAMMATIC forniranno informazioni importanti sul possibile ruolo del daratumumab nella terapia di mantenimento dopo ASCT ed in generale sul suo posizionamento nella strategia globale di trattamento del paziente affetto da MM.