COMMENTO DALLA FACULTY
Le recenti approvazioni di nuovi regimi terapeutici per i pazienti con mieloma multiplo (MM) da parte degli enti regolatori europei ed americani sono destinate a stravolgere il futuro percorso terapeutico del mieloma. I regimi che verranno utilizzati alla diagnosi si baseranno sull’impiego degli anticorpi monoclonali anti-CD38 (daratumumab e isatuximab) associati a immunomodulanti (IMiDs), come talidomide e lenalidomide, e inibitori del proteasoma (PI), come il bortezomib. La seconda linea vedrà l’impiego di anticorpi monoclonali associati a IMiDs e PIs di seconda generazione come pomalidomide, carfilzomib e ixazomib. Da questo scenario si evince come la maggior parte dei pazienti con MM, dopo le prime due-tre linee di trattamento, sarà stato esposto, e verosimilmente divenuto refrattario ai principali farmaci oggi approvati, ossia gli anticorpi anti-CD38, gli IMiDs e i PIs. È facile comprendere quindi la necessità di indentificare e sviluppare nuovi bersagli, nonchè nuovi farmaci e strategie che risultino attive nei pazienti già esposti alle molecole sopracitate, anche in considerazione della scarsa prognosi dei pazienti triple-class refractory.
Uno di questi nuovi target è rappresentato da Exportin 1, un trasportatore nucleare di proteine “tumor suppressor” che risulta iper-espresso nelle cellule di mieloma. Contro tale target è stato sviluppato l’inibitore orale Selinexor, approvato dalla Food and Drug Administration nel 2019 in associazione a desametasone (Sd) per il trattamento dei pazienti con MM recidivato e refrattario (RR) penta-refrattari, ossia refrattari a due IMiDs, due PIs e un anticorpo monoclonale anti-CD38.
L’approvazione FDA si basa sui dati dello studio STOMP pubblicato da Chari A. et al sul New England Journal of Medicine, in cui Selinexor-desametasone (Sd) è stato testato in pazienti altamente pre-trattati (mediana di 7 precedenti linee di terapia, tutti refrattari ad almeno un IMiD, un PI e un anticorpo anti-CD38 e 2/3 penta-refractory).
Sono diversi gli spunti di riflessione che derivano da questo studio.
Innanzitutto in tale popolazione, di fatto sprovvista di ulteriori opzioni terapeutiche al di fuori di studi sperimentali, la doppietta Sd ha indotto una risposta almeno parziale nel 26% dei pazienti, con una progression-free survival (PFS) mediana di 3.7 mesi. Se la PFS dell’intera popolazione non è certamente soddisfacente, è interessante però notare come la sopravvivenza globale (OS) dei pazienti che hanno ottenuto almeno una risposta parziale sia di 15.6 mesi, certamente maggiore di quella riportata in letteratura per pazienti refrattari al daratumumab. Lo studio STOMP dimostra quindi che Selinexor, agendo su di un target nuovo nella plasmacellula, è dotato di una attività anti-mieloma significativa e rappresenta così un’alternativa valida per pazienti altrimenti sprovvisti di ulteriori opzioni terapeutiche.
Risposte e PFS riportate dallo studio sono una buona base di partenza, ma non possono certo lasciare soddisfatti pazienti e medici; Sd può costituire però una piattaforma su cui costruire triplette con migliore efficacia: a tale proposito sono in sperimentazioni associazioni con bortezomib, IMiDs e daratumumab.
Un altro degli aspetti fondamentali che emergono dallo studio di Chari A. et al è la necessità di migliorare il profilo di tossicità di selinexor, somministrato in questo studio alla dose di 80 mg due volte a settimana secondo lo schema 3-weeks on/1-week off. Il 73% dei pazienti ha riportato piastrinopenia, peraltro di grado 3-4 in circa metà dei pazienti; nausea ed astenia sono stati riportati nel 73% e 72% rispettivamente dei pazienti. Questo si è tradotto, nella maggior parte dei pazienti (80%), nella necessità di interruzione o di riduzione nel dosaggio dei farmaci, perlopiù a causa di piastrinopenia. Questo profilo di tossicità, soprattutto in una popolazione altamente pretrattata e con una scarsa riserva midollare conseguente alle numerose precedenti linee di chemioterapia, può rendere complesso sia il trattamento prolungato sia l’associazione di selinexor con altri agenti che abbiano profili di tossicità parzialmente sovrapposti, come bortezomib e pomalidomide. La sperimentazione di una schedula settimanale di selinexor e di un differente dosaggio potrebbe migliorarne il profilo di tossicità e la compliance, in particolare in combinazione con altri agenti chemioterapici. In tal senso sono positivi i risultati riportati dallo studio di fase III BOSTON, in cui selinexor è stato somministrato al dosaggio di 100 mg “once-weekly”.
In conclusione, selinexor si accinge ad arricchire l’arsenale terapeutico a disposizione per il trattamento del mieloma recidivato e refrattario, ma sono necessari ulteriori studi per ottimizzarne efficacia e tollerabilità.