COMMENTO DALLA FACULTY
Il Mieloma Multiplo (MM) è una patologia neoplastica tipica dell’anziano con un’età mediana alla diagnosi di 66 anni (Kyle RA et al. Review of 1.027 patients with newly diagnosed multiple myeloma. Mayo Clinic Proc. 2003); questo dato è molto rilevante se si considera che 65 anni è il limite d’età spesso utilizzato per escludere il paziente da un programma di terapia ad alte dosi seguita dall’ autotrapianto di cellule staminali emopoietiche. Inoltre, il paziente affetto da MM è frequentemente un paziente fragile con comorbidità e disabilità e pertanto necessita di strategie terapeutiche che garantiscano un buon controllo della malattia senza alterare in maniera importante la qualità di vita.
Una delle combinazioni di farmaci più utilizzate in prima linea, nel setting del paziente anziano affetto da MM, è rappresentata dall’associazione di bortezomib, melphalan e prednisone (VMP). Allo scopo di migliorare ulteriormente l’outcome di questi pazienti, lo studio randomizzato di fase 3 ALCYONE (Mateos MV et al. Overall survival with daratumumab, bortezomib, melphalan, and prednisone in newly diagnosed multiple myeloma (ALCYONE): a randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet. 2020) ha valutato gli effetti dell’aggiunta di daratumumab, anticorpo monoclonale umanizzato IgG1 kappa, anti-CD38, allo “standard of care” VMP. Lo studio ha arruolato 706 pazienti con età mediana di 71 anni (range 40-93), 350 nel braccio D-VMP e 356 nel braccio VMP, ed è arrivato ormai ad un follow-up mediano di 40,1 mesi.
I risultati riportano una progression-free survival (PFS) mediana di 36,4 mesi nel gruppo D-VMP e di 19,3 mesi nel gruppo di controllo. L’ overall survival (OS) a 36 mesi è stata del 78% nel gruppo D-VMP versus 67.9% nel braccio VMP*. E’ il primo studio in cui una terapia di associazione comprendente il daratumumab ha mostrato un significativo miglioramento in termini di OS.
Anche il tasso complessivo di risposta (overall response, OR) è stato migliore nel braccio D-VMP (90,9% vs 73,9%; p <0,001) rispetto al gruppo VMP, con un tasso di risposte complete e di pazienti negativi per malattia minima residua (MRD) del 46% vs 25% e del 28% vs 7%, rispettivamente; i tassi di risposta non hanno subito l’influenza dell’età e del rischio citogenetico.
Sul fronte della safety, l’aggiunta di daratumumab (D-VMP) è risultata associata ad un maggior numero di infezioni di grado 3 o 4: 22% verso il 15% nel gruppo di controllo (VMP). Tuttavia, il tasso di interruzione del trattamento a causa di infezioni è risultato sovrapponibile nei due bracci e pari al 2%. Inoltre, seppur l’aggiunta di daratumumab ha indotto una maggior incidenza di infezioni e di reazioni associate all’infusione, il tasso complessivo di interruzione del trattamento per eventi avversi è stato più basso nel gruppo D-VMP (7%) rispetto al braccio controllo (9%).
I dati provenienti da questo studio dimostrano che la combinazione di daratumumab con il regime standard VMP, è in grado di fornire un beneficio clinicamente significativo migliorando l’OS, riducendo del 40% il rischio di morte e potenziando i tassi di risposta. E’ auspicabile che l’aggiunta di daratumumab ai regimi convenzionali in prima linea nei pazienti affetti da MM e non candidabili a trapianto, possa passare in tempi brevi dai trials clinici alla real-life.